Le nuove frontiere dell’artroscopia: sarà anche “rigenerativa”
La crescita, iniziata nei primi Anni 90, non s’è mai arrestata. L’avvento dell’artroscopia ha rappresentato l’ultima svolta dell’ortopedia. Tutto ciò che è successo dopo non ha condizionato nello stesso modo l’approccio chirurgico né i vantaggi per il paziente. Mentre l’artroscopia, sbocciata nei Paesi anglosassoni, non ha mai conosciuto passaggi a vuoto. La fase di crescita s’è assestata, ma senza mai interrompersi del tutto. Tant’è che oggi sono quasi 300mila gli interventi realizzati in questo modo ogni anno lungo la Penisola.
LA SVOLTA NEL TIPO DI INTERVENTI
Vent’anni fa, di fronte ai primi riscontri, c’era chi si interrogava per capire se fosse una moda o una necessità. Nel tempo, invece, l’artroscopia s’è rivelata per quel che è: un’opportunità alla ricucitura di legamenti alla saldatura di alcune fratture senza dover aprire il distretto interessato. Menischi, legamenti crociati, caviglie, polsi e gomiti: in tutte queste sedi oggi si interviene in tempi ridotti e con la garanzia di poter assicurare recuperi più veloci.
Nel 2014 in Italia – stando ai dati diffusi durante l’ultimo congresso della Società Italiana di Artroscopia – sono state eseguite 280mila procedure in artroscopia. Se la svolta all’inizio fu messa a disposizione quasi esclusiva degli atleti, sciatori e calciatori in primis, oggi è a disposizione dell’intera popolazione. Il motivo del successo si spiega con un dato: un atleta che si infortunava a un ginocchio un tempo rischiava la fine della carriera. Oggi, se trattato con le nuove tecniche chirurgiche artroscopiche, nel 90% dei casi recupera la funzionalità in modo vicino alla normalità e dopo un periodo di convalescenza e riabilitazione può ritornare come prima.
«Ma i benefici non sono uguali per tutti – chiarisce Giancarlo Coari, direttore del dipartimento di ortopedia della clinica San Camillo di Forte dei Marmi -. In seguito a una caduta sugli sci, a un infortunio stradale o riportato durante una partita di calcetto cui segue un danno alle articolazioni di braccia e gambe, l’artroscopia permette di ritornare in pieno possesso delle proprie capacità fisiche. Fondamentale, però, è far seguire all’intervento un’adeguata riabilitazione».
VERSO L’ERA DELLA MEDICINA RIGENERATIVA?
Per una svolta già acquisita, ce n’è un’altra che a breve potrebbe fare capolino nei reparti di ortopedia. L’appuntamento scientifico ha infatti rappresentato l’occasione per parlare delle nuove frontiere che rimandano alla medicina rigenerativa. Si tratta di novità che in un prossimo futuro promettono di diventare un modo per conservare articolazioni ben funzionali anche col passare degli anni, permettendo una buona efficienza fisica anche in età matura. Un “lifting” che consentirà di ringiovanire legamenti e cartilagini. «Ci sono diverse vie per riparare o rigenerare questi tessuti – prosegue Coari -. Le più interessanti sono almeno due: l’utilizzo delle cellule mesenchimali prelevate dal midollo osseo e l’utilizzo del plasma ricco di piastrine».
Le prime si differenziano in tessuto osseo e cartilagineo e potranno dunque trovare impiego per la rigenerazione di difetti contenuti della cartilagine articolare. Il plasma, invece, viene iniettato nel distretto della malattia (ginocchio, spalla, caviglia, anca, tendine, muscolo o legamento), all’interno del quale vengono rilasciati i fattori di crescita che stimolano la rigenerazione e la guarigione del tessuto lesionato richiamando le staminali mesenchimali adulte. Opportunità di “autorigenerazione” che potranno trovare impiego anche nella popolazione adulta (non per forza anziana) colpita da osteoartrosi precoce, una forma degenerativa che colpisce le cartilagini già dopo i quarant’anni e compromette lo svolgimento anche di una blanda attività sportiva.